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Campi Flegrei: quali novità emergono dopo uno studio di tomografia sismica - Centro Meteorologico Siciliano
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Campi Flegrei: quali novità emergono dopo uno studio di tomografia sismica

Dalle 6;06 del 18 maggio 2024, è in corso un nuovo sciame sismico nell’area dei Campi Flegrei che ha fatto registrare un evento sismico di picco di magnitudo 3.7 della scala Richter registrato alle ore 6;30.
In seguito a tale evento la macchina della Protezione Civile e la sala sismica dell’INGV si sono immediatamente attivati in stretto raccordo con le strutture locali. Dalle prime verifiche non emergono danni rilevanti alle strutture. Dunque l’area del golfo di Pozzuoli e tutta l’area flegrea continuano a far i conti con il fenomeno del bradisismo e con questo tasso di sollevamento ci dovremo purtroppo aspettare altri terremoti di modesta entità con magnitudo anche superiore al 3.5 grado della scala Richter, come ha dichiarato lo stesso Direttore dell’Osservatorio Vesuviano Di Vito.


Il tasso di sollevamento del suolo è quasi raddoppiato attestandosi intorno ai 20 mm al mese e questo trova riscontro con l’intensità dello sciame sismico in lento aumento (oltre 180 sismi di bassa7media magnitudo a settimana). Tutti i dati analizzati però, al momento, non mostrano evidenze dell’imminenza di un’eruzione vulcanica. La composizione geochimica dei gas non ha mostrato alcuna variazione confermando il trend di riscaldamento e pressurizzazione del sistema idrotermale con aumento dei fluidi emessi.
Il piano di emergenza elaborato dal Sistema di Protezione Civile Nazionale è stato strutturato sulla scorta di tutti i possibili scenari probabilistici possibili, analizzando le aree esposte ai diversi tipi di rischio. Una delle principali caratteristiche però è la difficoltà di stabilire a priori
l’area in cui si aprirà la bocca eruttiva e questo determina una maggiore incertezza sull’individuazione delle aree potenzialmente esposte quindi ai fini della pianificazione di emergenza sono state considerate tutte le possibili posizioni di una nuova bocca eruttiva.
Una informazione in più proviene dallo studio condotto in via sperimentale da alcuni scienziati dell’INGV in collaborazione con l’Università degli studi di Milano-Bicocca che hanno studiato la struttura profonda dei campi Flegrei e la sua evoluzione nel tempo mediante tomografia sismica associata alla microsismicità.
Lo studio si basa sull’analisi della variazione nel tempo della velocità delle onde sismiche per ottenere immagini di dettaglio della struttura della Caldera e del suo livello di fratturazione entro 6 km di profondità.
Dall’interpretazione dei dati a noi forniti emerge che questo fenomeno sia conseguenza di un’attività iniziata nel 2005 con la variazione della composizione del gas all’interno delle fumarole della caldera, del sollevamento del suolo e del rilascio di energia sismica portando ad ipotizzare un nuovo impulso di magma. L’attuale sismicità, dunque, sarebbe la conseguenza delle emissioni di gas superficiali dovuto ad un aumento della pressione-temperatura nella parte superiore di un fronte di gas allungato verticalmente.

L’analisi dei dati ha inoltre permesso di individuare per la prima volta tre principali zone di accumulo di materiale magmatico in corrispondenza delle deformazioni bradisismiche.
I due serbatoi centrali sono localizzati ad una profondità di 2.5 e 3.5 km e sono ricchi di fluidi in sovrappressione, mentre il serbatoio più profondo localizzato ad una profondità di 5 km si presenta pieno di magma, probabilmente ricaricato durante la fase del 1982-1984 e la parte più profonda nell’ultima fase del 2019.
Numerose evidenze indicano che lo strato centrale del vulcano è ricoperto da una formazione “caprock” che, grazie alle sue particolari proprietà meccaniche, funge da barriera per la propagazione dei materiali magmatici risalenti in superficie. La roccia di copertura consentirebbe al sistema di accogliere sollecitazioni maggiori, man mano che i fluidi si accumulano e la pressione del gas accumulata nei pori consentirebbe di regolare lo scambio di fluidi tra la sorgente profonda e il sistema idrotermale superficiale. L’alternanza nel tempo dei processi di autosigillatura e il degrado delle proprietà meccaniche della roccia di copertura possono essere responsabili dei disordini della caldera, senza la necessità di un’intrusione magmatica.

La concentrazione di sismicità in una colonna allungata verticalmente direttamente sotto la Solfatara, insieme ai cambiamenti transitori di velocità, suggerisce dunque una sovrapproduzione di fluidi caldi che ascendono dal serbatoio profondo, che innescano la sismicità e causano un continuo indebolimento e frattura della crosta. La ripetizione di tali processi durante i continui disequilibri si traduce nella crescita, a lungo termine, del sistema idraulico e favorisce fratture più estese.

 

Articolo di:  Alfredo Geraci – Geologo

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